giovedì 14 dicembre 2017

Santa Lucia ha portato un regalo agli amanti della lettura...


SANTA LUCIA ha portato un regalo agli amanti della lettura! 


Poi - se lo vorrai - potrai pubblicare liberamente il tuo commento sulla pagina de ilmiolibro: così riceverai GRATIS a casa tua una copia rilegata del romanzo! 

martedì 5 dicembre 2017

Un regalo originale per chi...è nato nel 1966



Tra i tuoi amici c'è forse una persona nata nel 1966?

Un regalo originale per Natale può essere un libro che un po'...parla anche di lui! 


Per fargli una vera sorpresa, puoi spedire il libro direttamente a casa sua!

Di cosa parla 6sei66?

Sei Sei Sessantasei è una data di nascita, a partire dalla quale si sviluppano quattro storie diverse. Quello stesso giorno dell’anno 1966 è nato, nel mondo, un numero imprecisato di bambini. Il presente romanzo immagina di seguirne quattro, nei rispettivi percorsi di crescita, per tracciare un ritratto, pur parziale, di una generazione. Uomini e donne che si trovano, ora, a vivere la fase adulta della loro esistenza dopo aver assistito, e talvolta partecipato, ai profondi cambiamenti che hanno segnato l’Europa ed il mondo negli ultimi cinquant’anni.
Helga nasce il 6 Giugno 1966 a Dresda, nella Germania Est comunista, al di là della Cortina di Ferro. Il Muro di Berlino è stato costruito pochi anni prima. Il suo percorso di vita è un lungo e difficile viaggio verso la libertà, a partire da una pericolosa fuga verso Ovest all’età di dieci anni, che lascerà aperta una ferita solo in parte ricucita alla vigilia dell’implosione del regime. Helga aspira alla libertà e la persegue con coraggio, sia prima che dopo la caduta del Muro, tentando nel contempo di ricreare attorno a sé qualcosa di simile ad una famiglia.
A Coimbra, in Portogallo, nel medesimo giorno del 1966 nasce Antònio in una condizione di dignitosa povertà. Una morte inattesa colpisce la sua famiglia quando ha solo dieci anni. La speranza di una nuova vita sembra curare la ferita, ma è un’illusione: il dolore spinge un padre a commettere gravi errori con un epilogo drammatico che costringe Antònio ad emigrare in un altro continente. Lì dovrà ritrovare la persona che gli è più cara. Troverà, intanto, il suo posto nel mondo.
Il 6/6/66 a Dinan, una cittadina della Bretagna, nasce Delphine, destinata a vivere gli anni bui del terrorismo di matrice politica, con pesanti risvolti familiari. Negli anni Ottanta sarà madre in una complicata situazione sentimentale e continuerà a cercare un senso a tutto quello che le è successo, riuscendo anche a intravederlo.
Gustav, infine, nasce nello stesso giorno a Odense, in Danimarca, da una ragazza madre che sfida i pregiudizi e le ostilità della sua stessa famiglia. Una famiglia unita è, di contro, ciò che Gustav, negli anni dell’infanzia, vorrebbe avere. Crescendo, scoprirà l'amore e la sofferenza dovuta alla sua perdita, proprio mentre il mondo accelera e c’è chi non riesce a fermarsi a coltivare un legame.
Le vite dei quattro protagonisti si incrociano parzialmente, in una fase ormai adulta, all'alba del nuovo millennio, quando la spinta della globalizzazione prefigura un illusorio scenario di sviluppo e solidarietà universali. Si incrociano in due luoghi simbolici: la Roma del Giubileo e la New York che balla e brinda al futuro, ignara di cosa accadrà di lì a poco, l’11/09/2001. 
Il crollo delle illusioni segna il percorso delle nuove generazioni - qui rappresentate dai figli di alcuni protagonisti – in un quadro di nuovi drammi, come quelli causati dalle ondate migratorie, ma anche di nuove opportunità.  

sabato 2 dicembre 2017

Tentazioni di un "bookstore addicted"

Racconto breve di un venerdì pomeriggio in libreria, tra tentazioni più o meno resistibili

di Alberto Cardino

Fonte: http://unamicainviaggio.it/wp-content/uploads/2017/08/05-the-last-bookstore.jpg
Fonte: http://unamicainviaggio.it/wp-content/uploads/2017/08/05-the-last-bookstore.jpg

Ti piace come scrivo? Leggi il mio romanzo "6sei66 - Quattro vite oltre il Novecento"

La libreria è la mia casa. È il rifugio dei miei venerdì pomeriggio. Qui sublimo la mia solitudine rivendicando, nel contempo, una sentimentale comunanza con il genere umano. Quante persone incontro, attraverso i libri che hanno scritto e che sono esposti, in una libreria? Quanta vita, reale o fantastica, contemporanea o passata o futura? Seriosa o divertente? Forbita od essenziale?

Mi siedo in poltrona e vorrei, potrei in effetti, lavorare. Aprire il PC, estrarre le fotocopie, mandare e-mail e whatsapp, prendere appuntamenti e terminare un lavoro cominciato in ufficio. Riesco per poco a farlo, poi la voglia di lavorare decresce al calare della frequenza delle nuove mail che popolano la mia posta in arrivo. “Aggiorna” una volta, poi una seconda, aspetta un altro po’. Niente. 
Manca ancora un angolo della libreria da ispezionare, per oggi? È mia consuetudine dare un’occhiata semi-veloce o lentamente progressiva quando entro in libreria, prima di tuffarmi a “lavorare” sulla comoda poltrona. Consciamente o meno, lascio sempre qualche angolo inesplorato per giustificare la pausa, che poi sono “le” pause. Mi alzo, dicevo sopra, e provo a colmare le lacune librarie. Mi interessano tutti i libri, e non me ne interessa nessuno. Me li comprerei tutti, sapendo che forse li leggerò o forse rimarranno sugli scaffali di casa per molto tempo. Se non trovo momentaneamente nulla, la mia rada propensione al risparmio prende coraggio, ma la delusione supera il sollievo dello scampato pericolo. 

Devo pur tornare a “lavorare”, avendo terminato il tour. Che potrà, tuttavia, riprendere in altri spazi e sezioni, sì già frequentate ma …. i librai potrebbero aver inserito delle novità nel frattempo. Capita più spesso di quanto si potrebbe immaginare, bisogna stare all’erta! Intanto è arrivata una spam. Poi una newsletter che se fossi efficiente dovrei leggere, ma proprio oggi non riesco. Non la cancello, magari in un altro momento la riprenderò … Certo, come no.
“Aggiorna”, poi “aggiorna”. Niente. La pagina facebook langue di fake news, imprescindibili aggiornamenti sui programmi TV, ricette tradizionali, polemiche politiche, filippiche di un “amico” di cui non ricordavo l’esistenza. Il profilo linkedin mi notifica che è il compleanno di una persona di cui potrei avere un giorno bisogno per la mia carriera perché è “CEO” o “advisor” o “chief operations officer” di primaria società. Non riesco, tuttavia, a farle gli auguri. Magari domani, scusandomi per il ritardo …. Un volo sul sito di un quotidiano, assicurandomi di aver silenziato tutto per non farmi sorprendere dall’irruzione della pubblicità di una notissima pay-tv che mi racconta l’emozione sincera e multiforme che è capace di trasmettermi. Come no. 

Vorrò mica sprofondare in questa comodissima poltrona? “Aggiorna” la mail. Niente. Che peccato. Mi rialzo e cambio piano. 
Adoro le librerie a più piani. Non mi importa nulla dei libri di sport, ma li esploro ugualmente. Aborro anche solo la parola “decoupage”, ma un giretto nella relativa sezione è d’obbligo, non sia mai che mi sfugga un temperino particolare o una matita capace di rendere la mia scrittura più leggibile. Come no. O un timbro multifunzionale un po’ anni Ottanta, che una parte di me vorrebbe di cuore possedere; l’altra parte invece potrebbe anche annegare nella colpa, se l’acquisto andasse in porto.

Il pomeriggio, intanto, bene o male passa. Fuori l’inverno fa tutto buio presto. Si avvicina l’ora di tornare a casa, avendo lavorato circa un decimo di quanto preventivato. Accanto alla comodissima poltrona, sul tavolino sono appoggiati dei libri che, a seguito delle varie mie ispezioni, ho raccolto “per consultazione”. Certo, come no. È ancora possibile evitare il disastro, la spesa, l’erosione del risparmio per i miei figli, la prenotazione di un nuovo spazio (che non c’è) sugli scaffali di casa. L’austerità sabaudeggiante e la responsabilità interiore che provo in certi momenti sono in grado, non di rado, di fare il miracolo. A quel punto, con la morte nel cuore esaurisco velocemente il dovere di vestizione, chiudendo la giacca in modo che sia impossibile riaprirla. Prendo lo zaino e scappo a passo svelto. Non di corsa perché non si corre in libreria. I libri sono rimasti sul tavolino, “in consultazione”. Fanno parte del passato, ormai. Forse ci rincontreremo, un giorno (magari già venerdì prossimo). Ora siete, però, alle mie spalle. E non torno indietro. 
Arrivato all’uscita, è quasi un sollievo superare il varco e respirare l’aria pura, insatura di libri ed altre tentazioni del diavolo.

In altre occasioni, la carne è più debole. La droga dell’acquisto produce biecamente i suoi effetti, creando astinenze pur laddove le pareti di casa sono ormai coperte all’inverosimile di volumi. Non è possibile evitare di prendere in mano, dopo aver compiuto la vestizione, i testi “in consultazione”. Una scritta vedono i miei occhi, sotto i loro titoli: “NON MI RIPORRE. ORMAI SONO TUO”. A quel punto, è molto difficile spezzare l’incantesimo. Poniamo che una savia reminiscenza abbia il sopravvento per un decimo di secondo: ma io l’ho già comprato, questo libro. Cosa sto facendo? Ebbene, i miei neuroni a forma di cassa di una libreria troverebbero ugualmente una giustificazione inossidabile per l’acquisto. “Al limite lo regalo, il doppione”. Certo, come no.
Nel percorso verso la cassa, il cuore batte forte, la nevrosi spinge ad immaginare che dietro di me il pavimento sprofondi e mi costringa a non fermarmi. Fermarsi sarebbe come affrontare l’apocalisse, la distruzione, la fine di tutto. Un lampo di buon senso ancora riesce a scuotere il brodo di neuroni strafatti in sprazzi di tempo intermittenti, quando l’apocalisse si rovescia in soluzione (“la tua salvezza è fermarti”) e la soluzione in apocalisse. Ma è un fuoco di paglia. La cassa è lì, a pochi metri. Se non c’è nessuno in coda, le speranze si riducono al lumicino.
Se c’è coda, un ultimo atto di resistenza e rigetto è ancora possibile. O forse no. Altri si mettono, infatti, in coda dietro di me. Faccio parte ormai di quella grande famiglia di autori, amanti della lettura e frequentatori di librerie a cui desidero associare la mia solitudine. È la mia famiglia, non può farmi del male. La cassiera mi sorride, e con tono suadente mi chiede “carta fedeltà?”. La mia risposta è un convinto, appassionato, inevitabile e liberatorio “Sì!”. È fatta. Il cuore si tranquillizza. Sto meglio. Certo, come no. 
Tra la cassa e l’uscita sono l’uomo più felice ed appagato del mondo. Incontrando la sera fredda sulle guance, si palesa però, proiettato sull’edificio di fronte, un volto femminile. Palesemente inc..z..ato. Non sento cosa mi dice, ma intuisco dal labiale che sia “ancora libri?” e poi una, due, tre male parole.
Ha ragione, la mia visione. È il buon senso che non ho avuto, l’autocontrollo che mi ha perduto, quello che sarebbe potuto essere e che purtroppo non è stato.

Spero, anche questa volta, di essere perdonato. Certo, come no.  

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Ti piace come scrivo? Leggi il mio romanzo "6sei66 - Quattro vite oltre il Novecento"