venerdì 29 settembre 2017

Estratto n. 6 - Nel 1986 Delphine scopre l'amore a Parigi



Ti propongo il quinto estratto dal romanzo "6/6/66 - Quattro vite oltre il Novecento".

Siamo nel 1986Delphine ha 20 anni e vive a Parigi da studentessa universitaria fuori sede, in un appartamento con altri due ragazzi, Thierry e Jerome. L'amore che nasce segue un copione non previsto...


Il romanzo integrale può essere acquistato in versione cartacea o scaricato GRATIS in versione e-book (offerta valida fino al 15 Ottobre 2017)


Buona lettura!

P.S. Per comodità di lettura, nel testo troverai grassetti, sottolineature, hashtag e link che, tuttavia, NON sono presenti nella versione originale del romanzo.

#1986 - Capitolo 8 - #Delphine
[...] Il treno da #Rennes alla Gare du Nord sta correndo veloce mentre le luci del giorno si attenuano e la sera inizia ad affacciarsi. Vivo a #Parigi da studentessa fuori sede, in un appartamento del #Quartiere_Latino, assieme ad altre due persone: due ragazzi, per la precisione. #Thierry è un artista. Pittore e scultore, ha già esposto le sue opere al #Beaubourg ed in diverse gallerie d'arte della città.
#Jerome lavora in banca, è un ragazzo molto attento all'ordine ed alla pulizia, a differenza di noi due suoi coinquilini, disastrosamente disordinati e ritardatari. Thierry ha una fidanzata, Annie. Jerome ha un fidanzato, David. Ci ritroviamo spesso, di sera. Amiamo il cinema. Thierry soprattutto i film americani, di cui ci costringe a digerire gli eccessi. Ad eccezione di Blade Runner, che ho adorato, in genere preferisco i film italiani, mentre Jerome è più patriottico.
Vita sentimentale? Burrascosa, direi. All'appuntamento fisso del venerdì con i coinquilini e le rispettive metà – consolidate metà, sembrano sposati! - io sono meno prevedibile! La rotazione dei miei accompagnatori è piuttosto elevata, tanto che i miei cari amici sono sempre a prendermi in giro sulla durata delle mie “relazioni” e a mettermi in imbarazzo con i miei nuovi boyfriend.
Quanto amo Parigi! Amo gironzolare per i quartieri, fermarmi ai #bistrot, chiacchierare con le portinaie che sbuffano. Così prolungo il mio ritorno a casa... “Jerome, Thierry, sono tornata!” annuncio non appena ho aperto la porta di casa. Non risponde nessuno. Saranno usciti. Trovo un bigliettino: “Siamo al concerto di #Vanessa_Paradis”. Non ci credo. Mi rassegno e accendo il televisore. “Il tempo delle mele 2” non mi fa emozionare come il primo. Però quel Pierre Cosso non è niente male.
Non mi sento troppo bene e, a metà del film, per la nausea che non si placa mi precipito in bagno e libero il mio stomaco dalla pur esigua cena di stasera. La nausea mi accompagna da qualche giorno. Strano.
[...]
Ho un “ritardo”. Andando a lezione, vedo una farmacia: decido di entrare per fugare ogni dubbio. Come succede nelle commedie americane? Ecco, precisamente. 
Dopo pochi mesi la pancia è ormai evidente. Un piccolo marmocchietto di cui ignoro il sesso si sta muovendo dentro di me. Sono felice. Di più, raggiante! Devo ancora spiegarlo bene a Etienne. Spero che non si ingelosisca troppo, il mio fratellino. 
Chi è il padre? Come nelle soap opera americane, la risposta non è banale. Thierry. Lui, non un omonimo. Il mio coinquilino. Fidanzato. Quasi sposato. Non con me, però.
Già fissata da tempo la data delle (sue) nozze, ci siamo ritrovati una sera, io e lui, a guardarci negli occhi. Lo amo. Forse l'ho amato dal primo momento in cui gli ho parlato. C'era già Annie nella sua vita. Siamo diventati amici, oltre che coinquilini. Gli ho raccontato della mia famiglia [...]. Del mio fratellino, la cui nascita ha restituito il sorriso a tutti noi. 
“Perché mi guardi così?” gli ho chiesto quella sera. “Perché tu mi guardi così?” mi ha chiesto lui a sua volta. Ci siamo messi a ridere. Poi lui mi ha accarezzato i capelli sussurrando qualcosa che non ho compreso. “Cosa?” gli ho chiesto. Lui ha alzato impercettibilmente la voce, facendomi intuire: “Non posso, non posso...”. A quel punto ho preso l'iniziativa, senza il minimo dubbio. Gli ho accarezzato il viso, pungente per la barba di qualche giorno. E l'ho baciato. Lui non si è tirato indietro. È stato come arrivare a destinazione di un lungo viaggio. Ero nel posto in cui avrei voluto essere. Le insicurezze sparivano, esisteva solo il presente. Un presente per cui pensavo, in quei momenti, di aver sempre vissuto.
Lui è sicuramente il padre del mio bambino. 
I mesi sono trascorsi nella gioia e nell'ansia. Un'ansia gioiosa. Sono all'Università e calcolo la frequenza delle contrazioni. “Sei una mongolfiera!” esclama con poco tatto la mia amica Jeanne. “Che ci fai ancora qui?” aggiunge. “Io sto benissimo” le sorrido accennando un goffo balletto per dimostrare una improbabile mobilità. “Ehi, piano #Delphine! Non vorrai farlo nascere qui! Ricevuto! Ho capito che stai bene, ora però siediti”. Proprio mentre il docente ci sorprende con nuove teorie sulla scoperta di Troia, mi accorgo che è arrivato il momento. 
Mi alzo con calma dalla sedia, il professore mi nota, capisce tutto e interrompe la lezione. Dopo pochi minuti, sto sfrecciando assieme a Jeanne, che si è offerta di accompagnarmi guidando la mia auto. Ora cerca di mostrarsi calma, ma nonostante i miei dolori sono io a tranquillizzarla. “Respira, Delphine, fai come me” e mi mostra la sua goffa simulazione. Non riesco a trattenere una risata, nonostante tutto. 
Arrivo appena in tempo in sala parto: la mia piccola #Gabrielle nasce dopo pochi minuti, regalandomi un travaglio intenso ma brevissimo. Piange ricoperta del mio sangue e della mia placenta. Poi viene pulita e la ritrovo al mio fianco. Ho quasi timore a toccarla. La porto dolcemente al mio seno, ed il nostro legame indissolubile si consolida. [...]
 [CONTINUA]

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