martedì 20 febbraio 2018

Retroscena: presento il mio libro, presento me



Mi si potrebbe chiedere come è andata. Sono ancora un po’ intontito, non so se sono in grado di spiegarmi. Però, a domanda secca non posso che rispondere “benissimo”. Un’esperienza unica, che mi ha ripagato di tutta l’ansia che ho provato quello stesso giorno e nei giorni precedenti. Un’ansia che, devo ammetterlo, non mi ha abbandonato nemmeno “durante”. Di fronte avevo familiari e amici, che avevano scelto di dedicare proprio a me il loro tempo, alla fine di una giornata per molti di lavoro, quindi stancante. Accanto a me, uno scrittore che pubblica abitualmente con Einaudi e Rizzoli, che ha incredibilmente accettato di fare da relatore all'incontro.

Riavvolgo il nastro a circa 20 minuti prima dell'inizio della presentazione del mio romanzo, "6sei66 - Quattro vite oltre il Novecento". Parto dal mio ufficio in bicicletta, con lo scatolone pieno di copie del romanzo che sono riuscito ad incastrare nel seggiolino da bambino. Mentre pedalo per i 200 metri che mi separano dalla libreria, sento l’ansia montare e mi chiedo chi me l’abbia fatto fare. Ho paura, per varie ragioni. Il relatore è una persona disponibile e, già l’ho capito, generosa. Tuttavia, non l’ho ancora conosciuto personalmente. Gli ho solo stretto la mano in occasione della presentazione del suo, di libro.
Nelle scorse settimane ho inoltre collezionato una critica negativa che, nell'immediato, mi ha “smontato” parecchio. Ed un rifiuto motivato alla pubblicazione da parte di una piattaforma di e-commerce specializzata in e-book. Ora ho paura che i difetti del mio romanzo non possano che emergere in sede di presentazione pubblica.

Parcheggio la bici in uno spazio non troppo vicino alla libreria. Forse non sono io, pensa una parte di me, ad essere il protagonista dell'incontro. Prova ne è che parcheggio così distante! Non mi posso fermare, però. Afferro lo scatolone, prendo coraggio e mi dirigo verso l’ingresso della libreria. Entro, sentendomi un po’ un condannato. I librai mi accolgono con il sorriso, ma sono momentaneamente occupati. Non mi resta che aspettare, in silenzio.
Mi prende il terrore che non venga nessuno. “Nessuno” è impossibile: la mia famiglia è precettata, compresi mia madre e mio suocero. Qualcuno in più, però, non guasterebbe. E in effetti arriva. Poi esce. È un avventore della libreria. Visi familiari si palesano, finalmente. Il mio relatore si siede su una delle due poltrone a noi desinate. È per me un sollievo: mi siedo anch'io. Sono agitatissimo, lui gentilissimo cerca di rompere il ghiaccio. Intanto i minuti passano: ed il quarto d’ora accademico sta per concludersi.



Mentre parlo con il relatore, la coda del mio occhio destro cerca di cogliere l’eventuale afflusso di persone. Il timore di un flop in termini di pubblico è ancora forte. Anche su questo, è lui a rassicurarmi, ricordandomi l’ora difficile per chi lavora, che ne condiziona la puntualità. Ma arriveranno. Poi mi chiede con enorme delicatezza se vogliamo concordare le domande. Nonostante io sia in preda all'ansia, gli dico di no. La parte lucida della mia mente mi spinge a ricercare la massima spontaneità. Come spontaneo è stato il percorso che mi ha condotto qui, ora, in questa libreria.
A un certo punto, bisogna cominciare. Chi c’è c’è. Chi avrebbe mai pensato che un giorno uno scrittore avrebbe introdotto un libro scritto da me? Mentre lui parla sono ancora agitato, preoccupato per l’affluenza e, in più, incredulo per quanto mi sta capitando. L’introduzione è talmente perfetta che mi prende l’ansia di non esserne all'altezza. Alla prima domanda, mi vedo costretto a rompere l’illusione che si tratti solo di un sogno. E, a fatica, parlo. Poi il dialogo, improvvisato, si sviluppa con spontaneità. Rimango agitato per tutto il corso dell’intervista. Non ho l’esatta percezione del tempo che passa: ad un certo punto mi pare che stiamo sforando “di brutto”. Scoprirò a breve che non è così.



L’intervista accarezza anche il mio vissuto e porta in superficie aspetti di me che non credevo potessero emergere in questa sede. Non mi escono esattamente le parole che vorrei dire: ho quindi paura di non essere compreso. Ma per merito del relatore tutto fila liscio. C’è, poi, tempo per una domanda dal pubblico, come nelle migliori presentazioni. Alla fine, dopo parole bellissime pronunciate dal relatore, c’è anche l’applauso finale, che mi imbarazza non poco.

Foto di Andrea Gatti

Non è finita! Non manca il rito delle firme e delle dediche. Che imbarazzo!
Per fortuna, non riesco a fare battutine, che in questa situazione sarebbero di troppo. Mi limito a fare sorrisini ad occhi bassi intervallati da risatine di imbarazzo. Fatico ad attingere alla mia mente per scrivere dediche di senso compiuto.


È andata bene, tutti mi dicono. Comincio a crederci. Ci salutiamo, poi mi ritrovo di nuovo da solo, come ero venuto, con la mia bici parcheggiata a 10 metri. Si è fatto buio. Il viaggio di ritorno è una gimkana fra le emozioni. L’incredulità ancora domina la mia mente. Ho forse bisogno di un po’ di normalità per riprendermi. Voglio rivedere i miei figli rimasti a casa ed anche i miei gatti. Arrivo prima di tutti gli altri, grazie alla bici. I bimbi sono ancora dai vicini. Lampo mi chiede cibo, seguito a stretto giro da Stella. La normalità, ora. Domani riavvolgerò il nastro, serbato in un angolino del mio cuore.

La felicità è ancora inconsapevole: se davvero non ho sognato, domani potrò vestirla a festa. E crederci, per un tempo mai troppo lungo di liberazione dalle ansie quotidiane.


RIPRODUZIONE RISERVATA

Nessun commento:

Posta un commento